Il regime fascista in Italia: All’inizio del 1919, l’Italia subisce una gravissima crisi, dovuta all’enorme sforzo sostenuto per la guerra, rispetto al quale i vantaggi appaiono irrisori. Il bilancio dello Stato, in pareggio prima della guerra, ora ha un passivo di 23 miliardi di lire; i prezzi sono aumentati di quattro volte dal 1913 al 1918.

I contrasti sociali sfociano in violenza nelle campagne e nelle città.

Lotte nelle campagne: Ai soldati-contadini era stata promessa, in cambio dei loro sacrifici al fronte, la distribuzione delle terre dopo la vittoria. Ma non viene mantenuta, e milioni di contadini, reclamano che essa sia rispettata, occupando i grandi latifondi.

Socialisti e sindacati. Nelle città, grandi scioperi operai e manifestazioni di massa chiedono aumenti di salariali, giornata di otto ore, previdenza sociale per vecchi e malati. Alla testa di questi movimenti è il partito socialista, con sindacati e le organizzazioni cooperative. Il partito ha come obbiettivo la presa rivoluzionaria del potere. Da una parte, si affida alle lotte spontanee degli operai e dei contadini; dall’altra, secondo la tradizione socialdemocratica, si preoccupa soprattutto di rafforzare, attraverso le elezioni, la sua rappresentanza in Parlamento.

Il partito cattolico. Accanto ai socialisti, altre forze si organizzano nella società italiana. Viene fondato il partito cattolico, nel 1919, chiamato partito popolare: ha molto seguito nelle campagne e fra la media borghesia delle città. Questo partito, che ha la stratta obbedienza alla Chiesa cattolica, è ugualmente avverso ai liberali e ai socialisti.

I nazionalisti e l’impresa di Fiume. Forze in via di formazione sono pericolose per il futuro della società italiana. Ci sono i nazionalisti, che raccolgono consensi fra gli ex-combattenti, soprattutto fra gli ufficiali che, tornati dal fronte, non vedono riconosciuti i loro meriti.  I nazionalisti parlano di <<vittoria tradita>> a causa della debolezza dei governi liberali, nella necessità di uno Stato forte e aggressivo verso l’esterno: sull’onda della vittoria, l’Italia deve diventare uno Stato autoritario e imperialista. Nel settembre del 1919 essi danno una spedizione di ex-combattenti, contro gli ordini del governo, con l’appoggio segreto dei comandi militari, e comandata da Gabriele D’Annunzio, occupa la città istriana di Fiume, che il trattato di pace aveva assegnato alla Jugoslavia. L’impresa di Fiume dimostra la debolezza del governo ed esalta l’ondata reazionaria, imperialista, nazionalista, che sta conquistando strati della piccola borghesia esasperata dalla povertà causata dall’aumento dei prezzi.

I fascisti. Approfittano di tutto questo i Fasci di combattimento, una piccola formazione di ex-combattenti formata a Milano di Benito Mussolini. I fascisti hanno un programma confuso, molto simile a quello dei nazionalisti, che contiene rivendicazioni sociali ma che è soprattutto centrato sulla necessità di ristabilire l’ordine agendo anche con la violenza contro il movimento operario e socialista.

Terrorismo fascista. Nel 1921 i fascisti agiscono sull’attacco armato alle organizzazioni sindacali e socialiste. Nelle campagne essi assaltano e bruciano le sedi delle cooperative e delle leghe dei braccianti, feriscono e spesso uccidono i capi sindacati dei contadini, con spedizioni improvvise e violente che polizia e carabinieri non solo non contrastano ma spesso sostengono. Nelle città, i fascisti attaccano le manifestazioni operaie, invadono le sedi socialiste, incendiano le tipografie dei giornali socialisti come l’Avanti! Di Milano. Di fronte a questa offensiva, che distrugge la struttura organizzativa del movimento dei lavoratori, la resistenza dei socialisti è debole: il partito rifiuta la lotta armata e si limita a chiedere ai suoi militanti di non rispondere alle provocazioni fasciste.

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento